“Il mio lavoro è il fallimento di un disperato tentativo di volerti raccontare tutto.”
Paralipomeni. Cose tralasciate, omesse: integrazione o conferma di fatti, di vicende, appartenenti a tempi e luoghi diversi. Per estensione, un’opera o scritto che sia la continuazione o il completamento di altre opere o scritti.
I paralipomeni come un modo di innestare narrazioni possibili su narrazioni preesistenti, come un metodo di appropriazione di immagini, storie e memorie di persone o fatti per riscrivere racconti, profezie e immaginari. Un’esigenza di restituire piccole porzioni di verità: le mie e forse quelle di qualcun altro. Un lavoro fatto di stratificazioni e sedimentazioni che, nel suo fagocitare le immagini del mondo, si ripiega continuamente su se stesso interrogandosi sui suoi filtri di raccolta e sulle sue possibilità. Il termine restituisce di per sé l’approccio, il metodo di indagine e l’area di interesse tematica più generale. Attraverso un misto di intuito e razionalità, una ricerca di nuovi modi di tenere insieme le cose cercando nessi imprevisti, senza trascurare l’inconscio che occupa un ruolo decisivo nell’espressione di senso.
Un culto della trasfigurazione, un gioco delle somiglianze. Questa libera associazione di immagini ed elementi mi permette di riflettere sul senso delle cose che sono accadute, che accadono o che potrebbero accadere: un modo per digerire la realtà che mi circonda, nonché di alimentare il mio flusso creativo e stimolare il pensiero divergente. Alla base un interesse per tutte quelle cose che ci riguardano quotidianamente e che contano davvero per noi: una riflessione intorno a concetti quali il benessere dell’individuo e la qualità della vita: ieri, oggi e forse domani.